La  manipolazione della materia e in definitiva il concetto stesso di  trasformazione è, in concreto, una dominante essenziale del fare  ceramica, espressione tangibile della profonda versatilità e  potenzialità iconografica di questa tecnica artistica complessa  per il fatto di contenere in sé molteplici possibilità  inerenti le differenti modalità espressive -pittoriche e insieme  plastiche-, la tipologia di materiali, forme, funzioni, tempi di  realizzazione. 
   “Dalla creta alla cretazione” di G. Trani fa luce proprio su  questa vocazione intrinseca di  mettere in forma e trasformare  tipica della tecnica di modellazione dell’argilla e delle sue  caratteristiche fisiche ed espressive. 
                    La creta è materia viva essa stessa, è naturale, risponde  alle nostre sollecitazioni. Se vi imprimiamo un segno con le nostre  dita la traccia resta per sempre. Ci vuole una certa fisicità  per addomesticarla, ma al tempo stesso è duttile, risponde e si  trasforma sotto i nostri gesti, si lascia plasmare, ma ti suggerisce  anche come essere plasmata. Infine ha bisogno di tempo, e di cura,  è esigente, ha un suo equilibrio, una sua omeostatica  realtà (calore, plasticità) a cui bisogna assolutamente  prestare attenzione. Sono tutti questi elementi che la rendono un  potente mezzo per tirar fuori e portare alla luce i nostri vissuti  emotivi più profondi. Perché essa stessa ti suggerisce  emozioni forti. Nella frenesia del fare, del dare vita all’oggetto,  nella frustrazione quando sfugge al tuo controllo, nelle sensazioni  fisiche che ti trasmette quando scivola sotto le tue dita. Permette di  ricontattare la memoria arcaica, il ricordo. Con il tatto si attivano  stati di concentrazione e di meditazione profonda che facilitano il  dialogo interiore.
                    Amplifica e mette in evidenza più che altrove, perché  nella scultura ti esponi, oggettivizzi la tua realtà, la metti  fuori da te, distanziandotene nella forma concreta che hai plasmato e  che è, lì, assolutamente evidente, non nascondibile. 
                    Il libro è un percorso narrativo affascinante già di per  sé per l’uso frammentario che l’autrice fa del suo particolare  stile linguistico, con continui intrecci e rimandi a racconti e  situazioni biografiche, riflessioni filosofiche, brani poetici,  incontri fortuiti, frammenti di dialoghi, ma soprattutto per essere uno  sguardo d’insieme attento e prezioso sull’utilizzo delle tecniche di  manipolazione della creta come canale esplorativo privilegiato per chi  operi nell’ambito della relazione d’aiuto, e in generale in quelle  professioni che come l’Arteterapia e il Counseling Espressivo si  occupano della salute e del benessere dell’individuo. 
                    Un testo ricco di suggerimenti “su come prendere la terra e  trasformarla”. La CRETAZIONE appunto, come possibilità di  manipolare la materia plastica e l’agire diretto su essa delle mani  attraverso azioni controllate e al tempo stesso profondamente creative  che si trasforma in  esperienza di cura. 
                    Un’arte che “cura” perché capace di rendere manifesto ciò  che è spesso nascosto a noi stessi o che talvolta ci affanniamo  a nascondere e che nel contatto con la materia può ora, invece  essere messo immediatamente  in  forma. La  cretazione  come percorso affascinante di sperimentazione e scoperta prima ancora  che di produzione di oggetti, cerca di sviluppare alcune prerogative di  originalità e creatività del pensiero legate all’uso  delle mani, del tatto e delle esperienze concrete. Permette di dare  matericità ai propri pensieri, riconoscere e ri-creare immagini  di noi, modalità di essere e di comportarci, attraverso un  percorso di narrazione figurativa che con la manipolazione della creta  ci fa saggiare la possibilità di dar forma e riconoscimento alle  trame del proprio fare, dal familiare all’estraneo e viceversa. 
                    La cretazione possiede in questo senso un valore narrativo  importantissimo: permette di mettere in immagine con-creta-mente e  creativamente il proprio sé, quel sè interiore che non  sempre si riesce ad esprimere. L’oggetto transazionale creato  rivelatore potentemente fisico di scene, situazioni, accadimenti e  stati d’animo differenti diviene strumento di un’esperienza realistica  e riparatoria di sé immediata.
                    L'impatto con questo particolare materiale,  la necessità  della sua trasformazione facendo esperienze concrete su volumi, spazi,  colori e forme permette, infatti, di fare i conti con le proprie  intenzionalità e aspettative liberando modalità creative  nuove capaci di garantire e potenziare autostima e assertività.  Il confronto con la materia, la possibilità di intervenire su di  essa, in modo creativo e costruttivo permette di ri-conciliarsi con se  stessi, “mettere in forma” la propria personalità, ed  esplicitare i propri confini. 
                    Nel libro si valorizza e chiarisce più volte l’importanza di  essere creativi, di trovare nelle varie fasi della propria vita una  dimensione creativamente appagante come esito segreto del proprio  benessere. Dalla creta alla cretazione è una memoria vitale ed  efficace di come le esperienze creative, il gioco e lo sviluppo  espressivo dell’individuo siano alla base secondo l’autrice di una  migliore qualità della sua vita.
                    La cretazione e la ceramica vestita da argilla-terapia è il  canale da lei trovato  -e anche il mio- che guarisce i silenzi dei  misteri. Ha lenito le domande di mondi inascoltati, ha mostrato con la  forza della produzione la capacità di tamponare nella crescita  anche le amare delusioni. Pezzi duri, molli, alti, larghi, tondi,  ciotole e vasi ben riusciti o no, scarti, cocci…, e questo bel lavoro  della Trani mi fanno ricordare quello che scriveva  Thomas  Mann  ne  La montagna incantata: “il sintomo della malattia  è un travisamento dell’attività amorosa. Ogni malattia  è una metamorfosi dell’amore”
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