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Counseling Espressivo & Arteterapie

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:::>>>“Si prega di non toccare!” Il divieto di toccare e il desiderio di superarlo di Francesca Messina
 
Aggirandosi nei locali espositivi della galleria di arte contemporanea Les Abatoirs, di Toulouse, in Francia, si legge da lontano “Prière de toucher” (si prega di toccare) un invito, eccentrico e controtendenza poiché conosciamo bene l’imperativo non toccare che vige nei musei. Avvicinandosi all’opera ci si trova di fronte ad un lavoro di Marcel Duchamp del 1947, Prier de toucher, una copertina di un catalogo di una mostra sul Surrealismo che espone nel frontespizio una mammella realizzata in velluto. Purtroppo l’allestimento museale l’ha prevista ricoperta di un vetro e quindi impossibile da toccare ma l’invito di Duchamp era specifico e rimandava al profondo e onnipresente divieto di toccare.
Bisogno dell’infanzia, desiderio adulto, il toccare è una necessità, spesso proibita e che genera un forte impulso di disobbedire.
L’istinto profondo di toccare l’esterno, l’altro, il nostro corpo parla del bisogno di sentire, di credere che ciò che gli occhi vedono sia vero.
Il tatto dà una connotazione reale a ciò che percepiamo. Da questa necessità parte la spinta al toccare, per conoscere, capire ma soprattutto sentire mediante un senso spesso sottovalutato al quale difficilmente ci si affida.
Sentire mediante il tatto vuol dire contattare, entrare nel mondo dell’altro, cogliere più profondamente il suo essere. Nella quotidianità dare libero sfogo alla necessità di toccare può essere letto come un invadere lo spazio dell’altro, essere maleducati, troppo curiosi, non rispettosi.
La valutazione dell’altro viene fatta principalmente mediante il senso della vista, un mezzo più diretto ed immediato che porta con sé l’unico svantaggio dell’eccesso di giudizio.
Sentire l’altra persona tramite il tatto permette di conoscere aspetti più profondi della sua personalità. La stretta di mano è, in Italia, il primo approccio fisico concesso con lo sconosciuto. La mano dell’altro ci comunica molto del suo modo di essere. Sentiamo una mano salda e decisa, o al contrario leggera e delicata, impaurita, scivolosa, nervosa; da questo breve incontro riusciamo a contattare qualcosa dell’altro e a sentire come questo contatto risuona dentro di noi.
Il divieto del contatto ha origini molto profonde ed è presente quasi in ogni cultura. Esso rappresenta principalmente una tutela per sentirsi protetti e proteggere i propri oggetti. Il tabù del tatto è eretto a protezione dell’eccitazione sessuale invitando ad un atteggiamento più distaccato nel quale le pulsioni istintuali possano essere controllate.
Nel libro “L’Io-pelle”  Didier Anzieu1 (celebre psicoanalista francese che elabora la teoria di pelle come contenitore della vita psichica dell’individuo, dell’Io, da cui Io-pelle)  distingue il divieto di toccare in primario e secondario.
Il divieto primario riguarda l’allontanamento del corpo della madre dal bambino affinchè possa distaccarsi da lei acquisendo la coscienza del suo essere separato dalla madre. Il divieto di toccare la madre spinge il bambino a dirigersi verso il mondo, a conoscerlo, a camminare sulle sue gambe, opponendosi alla pulsione di aggrappamento e di attaccamento. Senza l’introiezione del divieto il bambino non diventerebbe un individuo. Questo divieto anticipa il divieto edipico portando il bambino a dirigere il suo interesse e le sue pulsioni fuori della famiglia.
Il divieto secondario riguarda il toccare l’esterno, gli oggetti, gli altri. Si basa sul principio di autoconservazione (“non toccare ti farai male”) e sul bisogno di proteggere il proprio corpo e quello degli altri dall’aggressività e dall’impulso sessuale.
Il non poter toccare non rappresenta quindi un’ingiusta prescrizione ma una protezione, nata naturalmente nell’essere umano per tutelarsi e tutelare l’altro; naturalmente, ricevere in maniera eccessiva la proibizione di toccare implica lo sviluppo di un individuo con serie difficoltà nel contatto fisico e intimo con gli altri e nella sua capacità di difendersi dalle aggressioni.
Il divieto di toccare è un divieto che può giungere dall’esterno, mediante i continui divieti sociali ma anche dall’interno derivante dall’ascolto del dialogo interiore, delle auto-proibizioni che si sono sviluppate nel tempo. Riceviamo il divieto mendiate le parole e spesso in una modalità più implicita mediante un linguaggio non verbale fatto di gesti, sguardi di disapprovazione ed eventuali punizioni fisiche. Nel periodo dell’infanzia il divieto si instaura all’interno del bambino facendo da sfondo alle sue modalità di contatto con l’esterno nell’età adulta.
La paura nel toccare riguarda l’angoscia di essere sopraffatti da sensazioni sconosciute perché vissute in una maniera insolita, senza il filtro giudicante degli occhi e il controllo degli altri sensi.
Le sensazioni, in un incontro tattile, giungono dirette, vere, pulite e possono condurre la persona in una fase regressiva, avvicinadola alle sensazioni dell’infanzia e quindi in una atmosfera di insicurezza e vulnerabilità
Le emozioni sessuali potrebbero avere il sopravvento, l’investimento erotico potrebbe essere troppo forte da poter controllare. Il piacere provato nel toccare può assomigliare al peccato, al piacere del corpo.
Affidarsi al senso del tatto volontariamente per contattare la realtà può risultare imprudente e indica una grande capacità di affidamento e quindi un aver acquisito una base sicura nel periodo dell’infanzia.
Gli occhi rappresentano il canale privilegiato per contattare la realtà ma solo toccandola la realtà si fa concreta.
L’Art Counseling può fornire un ambiente protetto nel quale lavorare sul divieto di toccare e sperimentare il superamento del divieto, sentendo tramite il proprio corpo ed imparando ad affidarsi ad esso valutando l’esterno seguendo dei sensi diversi da quelli impiegati comunemente.
L’osservazione del  modo nel quale il cliente si avvicina ad un materiale tattile o ad un’altra persona può portare alla consapevolizzazione della sua modalità di contatto permettendo l’insorgere dei divieti interiorizzati.
Il contatto che l’individuo ha con l’esterno e il suo modo di interagire nasce dalla percezione che la persona possiede dei propri confini e di quelli degli altri. Il confine, delimitato dalla propria pelle, può essere vissuto come una barriera verso l’esterno; in questo caso il proprio corpo diventa un impedimento al contatto, un ostacolo, un muro. In altri casi è possibile percepire la propria pelle senza confini e sentirsi completamente proiettati verso l’esterno, incapaci di proteggersi e completamente esposti. Tra questi due opposti c’è la percezione del proprio corpo alternata, un passaggio continuo da uno stato di chiusura ad uno di totale apertura. In questi casi il divieto di toccare è funzionale alla protezione dei propri confini e di quelli degli altri.
Durante un incontro di Art Counseling sia individuale che di gruppo, il cliente potrà, secondo il modo in cui percepisce i propri confini, sperimentare nuove modalità di contatto per avvicinarsi ad un equilibrio tra la chiusura completa e l’estrema apertura.
L’utilizzo di materiali tattili e l’impiego di tecniche artistiche facilitanti il contatto rappresenteranno un valido strumento per andare oltre il divieto di toccare ed utilizzare il senso del tatto per favorire nuove consapevolezze, liberandosi al sano desiderio di sentire con le mani.


Bibliografia
J.Bowlby (1989), Una base sicura, ed. Cortina, Milano
Didier Anzieu (1985), L’Io-Pelle, ed. Borla
Galimberti (2000) Il corpo, ed. Feltrinelli
J. Kepner (1993), Body Process, il lavoro con il corpo in psicoterapia, ed. Franco Angeli, Milano
Ashley Montagu (1971),  Il linguaggio della pelle, ed. Garzanti Editore
Morris,L’uomo e i suoi gesti, Mondadori, Milano
Willy Pasini (1981), Il corpo in psicoterapia, Ed. Raffaello Cortina

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