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:::>>> L'AUTOSTIMA di Simona Di Stefano

 

Il ruolo dell’autostima è fondamentale nel percorso di vita di ogni individuo, se sufficientemente buona, essa determinerà una migliore qualità della vita.
…Ma, approfondiamo l’argomento.
Quando nasciamo siamo tutti potenzialmente dei “vincenti”, come sostiene Eric Bern, psicologo contemporaneo, che ha elaborato un sistema terapeutico molto semplificato, denominato "Analisi Transazionale", perchè si interessa dei meccanismi con cui gli individui interagiscono tra loro; meccanismi da lui definiti "transazioni".
Per transazione si definisce qualsiasi interazione tra due o più persone: salutarsi, un dialogo è una serie di transazioni, oppure uno scambio di gesti di affetto.
Nella fase iniziale dell'elaborazione dell'Analisi Transazionale, Berne notò come le persone mutino il loro atteggiamento più volte nel corso di una giornata. Come se in loro si alternassero dei diversi stati mentali o, più semplicemente, diversi individui prendessero il controllo della loro personalità. Iniziò, così, a definire questi stati che controllano il pensiero e le azioni di ognuno di noi con il nome di: "Genitore", "Adulto" e "Bambino". Indagini successive, hanno confermato che ogni individuo porta in sé questi tre stati dell’Io, che rappresentano la sua personalità (E. Berne, A che gioco giochiamo, Bompiani, 1967).
Poi, il tipo di relazione ed i modelli comportamentali che verranno ad instaurarsi tra figure di riferimento (di solito la madre) e il bambino determineranno il suo destino. Sempre secondo Berne ognuno di noi ha un copione psicologico che viene attivato da messaggi che il bambino riceve dai propri genitori. Il copione si inizia a strutturare anche ad un livello non verbale, attraverso il contatto fisico o venendo ignorati. I genitori indifferenti, ostili o che toccano poco i loro figli faranno percepire a questi ultimi il messaggio di non essere Ok e di non avere valore.
Le prime sensazioni che un bambino percepisce di se stesso saranno quelle che rinforzeranno maggiormente il proprio copione, sia esso positivo o negativo. Ad esempio, le fondamenta per la costruzione di una bassa autostima si realizzano “…se nell’infanzia i sentimenti di aggressività e ribellione vengono totalmente soppressi, si può diventare incapaci di affermare se stessi anche quando è necessario” (M. James – D. Jongeward, Nati per vincere, Ed. San Paolo, Torino, 2005), perdendo il senso di quello che sono i nostri diritti e consentendo agli altri di approfittarsi di noi.
Tornando alla qualità della relazione madre-bambino, questi ha la necessità psicofisico-emotiva di essere toccato e riconosciuto. Berne definisce “fame di carezze” questa esigenza sia biologica che psicologica. Si definiscono “carezze” tutto ciò che “implichi il riconoscimento della presenza dell’altro” (ibidem), siano esse positive o negative.
La mancanza di carezze determina un effetto deleterio sulla persona. Per la formazione di persone emotivamente sane, si necessita, però, di carezze positive. La carezza positiva dà alla persona la sensazione di vitalità, di essere importante, intelligente e di avere valore, dice all’altro: “tu sei Ok”. Servono anche a dare informazioni alla persona sulle proprie abilità e risorse. Per fare un esempio, un padre che chiede al figlio di tagliare il prato e dopo il lavoro fatto questi rimanda al figlio il messaggio positivo “l’hai tagliato bene, ora il prato è più bello” consentirà al ragazzo di capire cose positive su di sè e sulle sue abilità specifiche rinforzando la sua autostima. “Le carezze autentiche, appropriate e non eccessive, nutrono una persona, sviluppando la sua vena vincente” (ibidem).
Vero anche che l’autostima “se non è suffragata da una solida base di conquiste e di successi, rimane priva di significato” (Giorgio Nardone, Modelli di Famiglia, TEA, 2006), essa “si conquista anche attraverso le esperienze personali, non può esserci data da altri … è attraverso l’esperienza di ostacoli superati che si struttura la fiducia nelle proprie risorse ed il proprio equilibrio psicologico” (ibidem).
Tuttavia L’autostima oltre a dipendere da fattori interni, ossia dagli schemi cognitivi della persona, dalla sua soggettiva visione della realtà e di sé stessa, dipende anche da fattori esterni, come i riconoscimenti che otteniamo e la qualità dei messaggi che riceviamo dagli altri.
Le persone infatti sviluppano un’idea di sé, o quantomeno tendono a rafforzare il proprio copione, sulla base di come sono viste o trattate dagli altri. Gli altri sono il nostro specchio, ci rimandano l’immagine che hanno di noi. Quindi l’immagine che ci restituiscono diventa pian piano sempre più nostra. C’è da dire però che gli altri sono altrettanto influenzati dal giudizio che abbiamo di noi stessi e tendono a vederci come noi ci vediamo (una specie di ping-pong). Se noi abbiamo una bassa autostima e di conseguenza ci svalutiamo e denigriamo, se non crediamo nelle nostre capacità, potenzialità e risorse e quant’altro può esserci di positivo in un individuo, perché dovrebbero crederci gli altri?
Continuando ad auto-svalutarci rinforziamo il nostro copione negativo di perdenti, bisogna credere nelle nostre capacità affinché anche gli altri possano crederci e rimandarci un’immagine positiva di noi stessi.
Una buona autostima ci rende più sicuri, più felici e ci aiuta a rispondere in modo più adeguato alle sfide e alle opportunità della vita, perché la vita è in continua evoluzione e riconoscere questo, e soprattutto ricordarselo, ci rende vivi, dinamici e, soprattutto, ci dà speranza.
L’autostima sembra anche essere correlata alla salute psicologica dell’individuo: chi ha una bassa autostima sarà più incline alla depressione (avendo una immagine di sè eccessivamente critica e negativa), diversamente una buona autostima farà sì che l’immagine positiva di noi stessi venga sempre rinnovata, attraverso i successi ottenuti.
C’è da puntualizzare che le persone con alta autostima non sono necessariamente più dotate di quelle con bassa autostima. Sono le convinzioni sulle proprie capacità quello che le distingue, il loro atteggiamento verso le prove della vita, le reazioni ai successi e agli insuccessi e il loro comportamento nella società.
Le persone con una buona autostima, tendono ad essere ottimiste e a gestire gli eventi negativi che si presentano; diversamente le persone con una bassa autostima tendono ad essere pessimiste, inclini a crisi depressive e incapaci di sfruttare le loro potenzialità per affrontare gli eventi negativi della vita. Tutto questo impedisce un normale percorso di autonomia e auto-realizzazione, instaurando così un circolo vizioso piuttosto che virtuoso nel confronto fra sé e l’altro da sé.
Le persone con una buona autostima e quindi autentiche, invece, realizzano la propria irripetibile individualità personale apprezzando quella degli altri; rispettando il valore, il benessere e la dignità degli altri. Buber scrive: "L'Io esiste solo mediante la relazione con il Tu. La ricerca sull'uomo deve dunque prendere come punto di partenza, come oggetto della sua indagine, l'uomo-con-l'uomo"(M. Buber, L’io e il tu, Bonomi, 1991). L’individuo non è pienamente se stesso senza la relazione con l'altro, quindi solo con il confronto con l'alterità realizza pienamente tutte le sue potenzialità.
Le persone con alta autostima prima di affrontare un’attività o risolvere un problema, sembrano sicure di sé e convinte di avere buone probabilità di successo, forti e memori dei successi ottenuti in altre circostanze che alimentano le loro aspettative. Comunque tendono a pensare positivo ed a conquistare obiettivi sempre più elevati.
Le persone con bassa autostima si trovano nella situazione opposta, si sentono ansiose e preoccupate. Hanno molti dubbi sulle proprie capacità e risorse, prefigurandosi la sconfitta e il momento in cui dovranno fare i conti con l’ennesimo fallimento, concretizzando in questo modo la profezia che si autoavvera (se ho paura di cadere, farò del tutto affinché il mio comportamento mi porti a concretizzare l’evento di cui ho paura).
Le persone con alta autostima giocano quindi all’attacco e sono ottimiste, mentre quelle con bassa autostima giocano in difesa e sono pessimiste.
Le persone con alta autostima continuano a lavorare sodo per migliorare le loro competenze, mentre le persone con bassa autostima, che danno per scontato il loro fallimento, tendono ad impegnarsi poco, ad essere sopraffatte dall’ansia e di conseguenza a non perseverare nei loro sforzi se i primi tentativi risultano inefficaci.
Per avere una buona autostima è necessario ridimensionare i propri obiettivi, affinché essi siano realistici e percorribili e quindi più facili da raggiungere, e soprattutto accettare i propri limiti.
Esistono alcuni espedienti che le persone usano per migliorare la propria autostima e quindi vedersi sotto una luce più positiva.
E’ IMPORTANTE, QUINDI, RICORDARE
1) di non porsi obbiettivi troppo impegnativi o irrealistici, che difficilmente riusciremo a portare a termine, con un conseguente calo dell’autostima ed un perpetrarsi del circolo vizioso.
2) che non sempre la colpa dei nostri fallimenti è causata dalla nostra incompetenza, ma possono essere intervenuti fattori esterni indipendenti da noi.
3) che nel caso in cui si è costretti ad attribuire i propri fallimenti solamente a cause interne, non considerarle come stabili (incapacità, stupidità), ma come passeggere (stanchezza, indisposizione).
4) di non dare troppa importanza ad un fallimento considerandolo come prova del proprio scarso valore. È necessario avere una visione sana di sé anche se si hanno dei difetti, non considerarli in maniera ipercritica, sentirsi bene in virtù dei propri punti di forza e perdonarsi se qualche volta non riusciamo in un intento o non raggiungiamo l’obbiettivo prefissato.
Quindi una bassa autostima, come sopra detto, porta ad un circolo vizioso e, soprattutto, chi non ha la consapevolezza di come sente od agisce non è una persona completa, gli manca la fiducia in se stesso, ha alienato una parte di sè. Ma quando si diviene consapevoli di questo, si incomincia a sentire la necessità di essere completi e congruenti e si fanno i primi passi verso l’integrazione del proprio Sè. Chi realizza l’insight (auto-consapevolezza, visione interiore: termine corrente nel linguaggio terapeutico) sa di potersi fidare delle proprie capacità e comincia il suo cammino verso la rinascita.


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