Il ruolo dell’autostima è fondamentale nel percorso di vita di  ogni individuo, se sufficientemente buona, essa determinerà una migliore  qualità della vita. 
  …Ma, approfondiamo l’argomento. 
                Quando nasciamo siamo tutti potenzialmente dei “vincenti”, come  sostiene Eric Bern, psicologo contemporaneo, che ha elaborato un sistema terapeutico  molto semplificato, denominato "Analisi Transazionale", perchè si  interessa dei meccanismi con cui gli individui interagiscono tra loro; meccanismi  da lui definiti "transazioni". 
                Per transazione si definisce qualsiasi interazione tra due o più  persone: salutarsi, un dialogo è una serie di transazioni, oppure uno scambio  di gesti di affetto. 
                Nella fase iniziale dell'elaborazione dell'Analisi Transazionale,  Berne notò come le persone mutino il loro atteggiamento più volte nel corso di  una giornata. Come se in loro si alternassero dei diversi stati mentali o, più  semplicemente, diversi individui prendessero il controllo della loro personalità.  Iniziò, così, a definire questi stati che controllano il pensiero e le azioni  di ognuno di noi con il nome di: "Genitore", "Adulto" e  "Bambino". Indagini successive, hanno confermato che ogni individuo  porta in sé questi tre stati dell’Io, che rappresentano la sua personalità (E.  Berne, A che gioco giochiamo,  Bompiani, 1967). 
                Poi, il tipo di relazione ed i modelli comportamentali che  verranno ad instaurarsi tra figure di riferimento (di solito la madre) e il  bambino determineranno il suo destino. Sempre secondo Berne ognuno di noi ha un  copione psicologico che viene attivato da messaggi che il bambino riceve dai  propri genitori. Il copione si inizia a strutturare anche ad un livello non  verbale, attraverso il contatto fisico o venendo ignorati. I genitori  indifferenti, ostili o che toccano poco i loro figli faranno percepire a questi  ultimi il messaggio di non essere Ok e di non avere valore. 
                Le prime sensazioni che un bambino percepisce di se stesso saranno  quelle che rinforzeranno maggiormente il proprio copione, sia esso positivo o  negativo. Ad esempio, le fondamenta per la costruzione di una bassa autostima si  realizzano “…se nell’infanzia i sentimenti di aggressività e ribellione vengono  totalmente soppressi, si può diventare incapaci di affermare se stessi anche  quando è necessario” (M. James – D. Jongeward, Nati per vincere, Ed. San Paolo, Torino, 2005), perdendo il senso  di quello che sono i nostri diritti e consentendo agli altri di approfittarsi  di noi. 
                Tornando alla qualità della relazione madre-bambino, questi ha la  necessità psicofisico-emotiva di essere toccato e riconosciuto. Berne definisce  “fame di carezze” questa esigenza sia biologica che psicologica. Si definiscono  “carezze” tutto ciò che “implichi il riconoscimento della presenza dell’altro”  (ibidem), siano esse positive o negative. 
                La mancanza di carezze determina un effetto deleterio sulla  persona. Per la formazione di persone emotivamente sane, si necessita, però, di carezze positive. La carezza  positiva dà alla persona la sensazione di vitalità, di essere importante,  intelligente e di avere valore, dice all’altro: “tu sei Ok”. Servono anche a dare informazioni alla persona sulle proprie abilità e risorse. Per fare un  esempio, un padre che chiede al figlio di tagliare il prato e dopo il lavoro  fatto questi rimanda al figlio il messaggio positivo “l’hai tagliato bene, ora  il prato è più bello” consentirà al ragazzo di capire cose positive su di sè e  sulle sue abilità specifiche rinforzando  la sua autostima. “Le carezze autentiche, appropriate e non eccessive,  nutrono una persona, sviluppando la sua vena vincente” (ibidem). 
                Vero anche che l’autostima “se non è suffragata da una solida base di conquiste e di  successi, rimane priva di significato” (Giorgio Nardone, Modelli di Famiglia, TEA, 2006), essa  “si conquista anche attraverso le esperienze personali, non può esserci data da altri … è attraverso l’esperienza di ostacoli  superati che si struttura la fiducia nelle proprie risorse ed il proprio  equilibrio psicologico” (ibidem). 
                Tuttavia L’autostima oltre a dipendere da fattori interni, ossia  dagli schemi cognitivi della persona, dalla sua soggettiva visione della realtà e di sé stessa, dipende anche da fattori esterni, come i  riconoscimenti che otteniamo e la qualità dei messaggi che riceviamo dagli  altri. 
  Le persone infatti sviluppano un’idea di sé, o quantomeno tendono a rafforzare il proprio copione, sulla base di come sono viste  o trattate dagli altri. Gli altri sono il nostro specchio, ci rimandano  l’immagine che hanno di noi. Quindi l’immagine che ci restituiscono diventa  pian piano sempre più nostra. C’è da dire però che gli altri sono altrettanto influenzati dal giudizio che abbiamo di noi  stessi e tendono a vederci come noi ci vediamo (una specie di ping-pong).  Se noi abbiamo una bassa autostima e di conseguenza ci svalutiamo e denigriamo,  se non crediamo nelle nostre capacità, potenzialità e risorse e quant’altro può  esserci di positivo in un individuo, perché dovrebbero crederci gli altri? 
  Continuando ad auto-svalutarci rinforziamo il nostro copione  negativo di perdenti, bisogna credere nelle nostre capacità affinché anche gli  altri possano crederci e rimandarci un’immagine positiva di noi stessi. 
  Una buona autostima ci rende più sicuri, più felici e ci aiuta a  rispondere in modo più adeguato alle sfide e alle opportunità della vita, perché la vita è in continua evoluzione e riconoscere questo, e  soprattutto ricordarselo, ci rende vivi, dinamici e, soprattutto, ci dà speranza. 
                L’autostima sembra anche essere  correlata alla salute psicologica dell’individuo: chi ha una bassa autostima  sarà più incline alla depressione (avendo una immagine di sè eccessivamente  critica e negativa), diversamente una  buona autostima farà sì che l’immagine positiva di noi stessi venga sempre  rinnovata, attraverso i successi ottenuti. 
                C’è da puntualizzare che le  persone con alta autostima non sono necessariamente più dotate di quelle con  bassa autostima. Sono le convinzioni  sulle proprie capacità quello che le distingue, il loro atteggiamento verso  le prove della vita, le reazioni ai successi e agli insuccessi e il loro  comportamento nella società. 
                Le persone con una buona  autostima, tendono ad essere ottimiste e a gestire gli eventi negativi che  si presentano; diversamente le persone con una bassa autostima tendono ad  essere pessimiste, inclini a crisi depressive e incapaci di sfruttare le loro  potenzialità per affrontare gli eventi negativi della vita. Tutto questo  impedisce un normale percorso di autonomia e auto-realizzazione, instaurando  così un circolo vizioso piuttosto che virtuoso nel confronto fra sé e l’altro  da sé. 
                Le persone con una buona  autostima e quindi autentiche, invece, realizzano la propria irripetibile  individualità personale apprezzando quella degli altri; rispettando il valore,  il benessere e la dignità degli altri. Buber scrive: "L'Io esiste solo  mediante la relazione con il Tu. La ricerca sull'uomo deve dunque prendere come  punto di partenza, come oggetto della sua indagine, l'uomo-con-l'uomo"(M.  Buber, L’io e il tu, Bonomi, 1991).  L’individuo non è pienamente se stesso senza la relazione con l'altro, quindi  solo con il confronto con l'alterità realizza pienamente tutte le sue  potenzialità. 
                Le persone con alta autostima prima di affrontare  un’attività o risolvere un problema, sembrano sicure di sé e convinte di avere  buone probabilità di successo, forti e memori  dei successi ottenuti in altre circostanze che alimentano le loro aspettative.  Comunque tendono a pensare positivo ed a conquistare obiettivi sempre più elevati. 
                Le persone con bassa autostima si trovano nella  situazione opposta, si sentono ansiose e preoccupate. Hanno molti dubbi sulle  proprie capacità e risorse, prefigurandosi la sconfitta e il momento in cui  dovranno fare i conti con l’ennesimo fallimento, concretizzando in questo modo  la profezia che si autoavvera (se ho paura di cadere, farò del tutto affinché  il mio comportamento mi porti a concretizzare l’evento di cui ho paura). 
                Le persone con alta  autostima giocano quindi all’attacco e sono ottimiste, mentre quelle con bassa  autostima giocano in difesa e sono pessimiste. 
                Le persone con alta autostima continuano a lavorare sodo per migliorare le loro competenze, mentre le persone con bassa autostima, che danno per scontato il loro fallimento,  tendono ad impegnarsi poco, ad essere sopraffatte dall’ansia e di conseguenza a  non perseverare nei loro sforzi se i primi tentativi risultano inefficaci. 
  Per avere una buona autostima è necessario ridimensionare i propri  obiettivi, affinché essi siano realistici e percorribili e quindi più facili da  raggiungere, e soprattutto accettare i propri limiti. 
                Esistono alcuni espedienti  che le persone usano per migliorare la propria autostima e quindi vedersi sotto  una luce più positiva. 
  E’ IMPORTANTE, QUINDI, RICORDARE 
                1)  di non porsi obbiettivi troppo impegnativi o irrealistici, che difficilmente  riusciremo a portare a termine, con un conseguente calo dell’autostima ed un  perpetrarsi del circolo vizioso. 
                2)  che non sempre la colpa dei nostri fallimenti è causata dalla nostra  incompetenza, ma possono essere intervenuti fattori esterni indipendenti da  noi. 
                3)  che nel caso in cui si è costretti ad attribuire i propri fallimenti solamente  a cause interne, non considerarle come stabili (incapacità, stupidità), ma come  passeggere (stanchezza, indisposizione). 
                4)  di non dare troppa importanza ad un fallimento considerandolo come prova del  proprio scarso valore. È necessario avere una visione sana di sé anche se si  hanno dei difetti, non considerarli in maniera ipercritica, sentirsi bene in  virtù dei propri punti di forza e perdonarsi se qualche volta non riusciamo in  un intento o non raggiungiamo l’obbiettivo prefissato. 
                Quindi una bassa autostima, come sopra  detto, porta ad un circolo vizioso e, soprattutto, chi non ha la consapevolezza di come sente od agisce non è una persona  completa, gli manca la fiducia in se stesso, ha alienato una parte di sè.  Ma quando si diviene consapevoli di questo, si incomincia a sentire la  necessità di essere completi e congruenti e si fanno i primi passi verso  l’integrazione del proprio Sè. Chi  realizza l’insight (auto-consapevolezza, visione interiore: termine  corrente nel linguaggio terapeutico) sa  di potersi fidare delle proprie capacità e comincia il suo cammino verso la  rinascita. 
              
              
                
                
                                     
                    
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