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:::>>>  “Arteterapie e Counseling espressivo” - Edoardo Giusti e Isabella Piombo, di Lucilla Loddi

Ponendo una prima attenzione etimologica gli autori vanno delineando un nuovo significato nella fusione dei due concetti: arte e terapia, quale possibilità attraverso la libera espressione artistica di osservare se stessi da una nuova prospettiva, di vedere se stessi nel mondo, privilegiando la creatività e il gioco, per elaborare e risolvere problematiche interiori, sfruttando nel processo di trasformazione, la capacità autorigenerativa latente in ognuno di noi.
Segue un excursus storico, su come già nell’antichità venivano utilizzate le diverse espressioni artistiche per alleviare le sofferenze umane, come esplorazione alla scoperta di se stessi e sui primi esempi di terapie mirate con i pazienti con disturbi mentali.
Nel XX secolo con la nascita della psicoanalisi l’uso delle arti in terapia comincia a prendere un indirizzo ben delineato. Freud, Jung e Moreno hanno contribuito fortemente alla diffusione delle esperienze artistiche nel setting terapeutico, ulteriormente rafforzata dalla riscoperta di queste: in Inghilterra nella risoluzione delle conseguenze della Seconda Guerra Mondiale, per curare i traumi da combattimento dei veterani e liberare le emozioni represse (Andrew Hills); in Germania ad opera di Hans Prinzhorn nel suo lavoro con gli schizofrenici e la creazione del primo museo della follia (1922), seguito da Jean Dubuffet con il Museo dell’Art Brut di Losanna (1945/1975) e la mostra organizzata nella Galleria d’Arte Moderna di Verona, in occasione del primo Symposium Internazionale sull’Arte Psicopatologica (1959), le stesse opere esposte poi al museo Peggy Guggenheim di Venezia accanto a quelle di grandi artisti.
Nascono quindi i primi arteterapeuti, tecniche e metologie che utilizzano lo strumento espressivo per affrontare i conflitti emotivi e risolverli, per giungere all’autoconsapevolezza e allo sviluppo del rafforzamento dell’io.
Nel 1958 Margaret Naumburg propone una definizione di Arteterapia, utilizza le libere associazioni con i prodotti artistici e l’esperienza transferale, nello stesso periodo Edith Kramer delinea il suo concetto di Arteterapia utilizzando la teoria degli oggetti e dei fenomeni transizionali di Winnicott e nel 1950 inizia un programma di Arteterapia presso la Wiltick School for Boys di New York.
Nel 1969 viene istituita l’American Art Therapy Association (AATA) a seguito di conferenze sul tema (Eleanor Ulman, Don Jones, Felice Cohen, Robert Ault...) con il compito di provvedere agli standard di competenza professionale di accesso alla professione, di cui esiste un codice pubblicato nel 1989.
Assunti teorici e ottica attuale offrono una variegata gamma di posizioni tra quelle di Edith Kramer e di Margaret Naumburg, con relative valide evoluzioni.
Finalità del Counseling (consigliere-consulente) è accompagnare l’utente nella riscoperta delle proprie risorse personali e rendere il suo stile di vita più ricco e soddisfacente. Il Counselor è quindi un professionista che ha completato un training formativo, che gli consente di essere da supporto e orientamento ai propri interlocutori.
L’Artcounseling è un’area di intervento che utilizza il fare artistico/creativo e se ne possono riassumere i fattori terapeutici in: creatività; comunicazione; contenimento; catarsi; cambiamento.
Molteplici fattori vengono implicati nel processo di cambiamento: energia e processi attivati; percezione dei progressi compiuti; promozione della creatività e comprensione della complessità; promozione della consapevolezza di sè; concretezza; insight; socializzazione e cooperazione; aspetto multiculurale; carattere giocoso; promozione della comunicazione; superamento delle resistenze.
 Il processo creativo è esaminato da diversi orientamenti: l’approccio psicoanalitico evidenzia l’aspetto di meccanismo di difesa positivo come sublimazione (Freud), la Klein lo definisce come strumento riparatorio nelle sue teorie delle relazioni oggettuali, Winnicot ritiene fondamentale la capacità creativa nel bambino nella costruzione degli oggetti e spazi transizionali utili alla separazione dalla figura materna. Ampio studio sulla creatività è operato da Jung fino alla realizzazione della tecnica dell’immaginazione creativa utile a colmare il divario tra mente conscia e inconscia e incoscio collettivo.
Ancora Arieti considera la forza innovatrice della creatività nella capacità di combinare i meccanismi del processo primario e secondario (quali modalità del funzionamento della mente teorizzate da Freud) in un processo terziario.
L’approccio evolutivo pone l’accento sulla capacità del bambino di sfuttare l’attività creativa come completamento e arricchimento alla vta reale.
Il pensiero gestaltico individua la capacità riorganizzativa nei modelli comportamentali in forme innovative e più utili.
L’approccio pluralistico integrato utilizza le varie tecniche e teorie sulla creatività proposte dalle varie scuole di pensiero adattandole all’individualità del cliente consentendo il superamento delle resistenze al processo di cambiamento.
Un setting di arteterapia consente all’utente di sperimentare, in un ambiente protetto, attraverso il processo creativo la propria individualità e di attivare le risorse personali nella risoluzione di eventuali problematiche. Conterrà tutto quanto necessario alla libera espressione creativa e offrirà un’ampia gamma di materiali artistici.
La funzione dell’arteterapeuta quindi  è quella di supervisione, accompagnamento e contenimento, alla scoperta del proprio sè positivo nell’osservazione (insieme) del lavoro espressivo prodotto, fornendo, quando utile, stimoli e favorire l’alleanza terapeutica.
Nel colloquio iniziale è utile stabilire un accordo relativo alla frequenza, le modalità e la durata della terapia e gettare le basi per una buona relazione scevra da proiezioni e interpretazioni da parte del counselor, molto utile è in questo la capacità di porre domande aperte, che non inducano cioè una risposta, ma favoriscano l’esplicazione da parte del cliente più genuina e ulteriore esplorazione.
Vi sono utili strumenti di orientamento ma anche di verifica, quali: la relazione d’inizio degli incontri, per una prima raccolta di dati; la relazione d’incontro per l’utente per una valutazione da parte del cliente della processualità; la relazione dell’incontro per il terapeuta; una liberatoria per l’utilizzo delle opere prodotte nel setting e una relazione di fine degli incontri elaborata insieme al cliente.
Attraverso il processo creativo il cliente è libero di far emergere le proprie emozioni, stati d’animo e conflitti interiori e quindi poter condividere la propria interiorità.
Questo è possibile attraverso le diverse forme che l’arte ci offre: le arti visive, la scrittura creativa, il teatro, la musica, la danza, che ovviamente si possono utilizzare anche in combinazione tra loro.
Freud considerava le arti visive più vicine all’inconscio poichè la vista è evolutivamente più arcaica rispetto al linguaggio.
La Naumburg considerava l’arte come indispensabile all’educazione e riteneva che essa rappresenti una finestra sull’inconscio, la Kramer la considerava terapeutica in se stessa.
Le arti visive hanno certamente il vantaggio di simbolizzare i contenuti emozionali, dallo strumento scelto, all’organizzazione e uso dello spazio, le forme, i colori, le linee, il movimento, ecc., proprio per questo è importante porre una particolare attenzione alle caratteristiche dei prodotti realizzati dal cliente e poi chiedere specifiche in relazione al contenuto.
Va considerato che ogni tecnica produce un effetto diverso, come ad esempio l’argilla, che presuppone un coinvolgimento di tipo fisico può essere utile nell’abbandono delle tensioni corporee e al rilassamento emotivo, gessi e colori a cera presuppongono un contatto più forte delle matite, il collage invece può essere di più facile approccio e stimolare la creatività anche in clienti che non si sentono in grado di eseguire una rappresentazione grafica. Molto prezioso può rivelarsi l’utilizzo della fotografia.
La specificità delle tecniche di scrittura creativa è quella di mettere in comunicazione i due emisferi cerebrali solitamente separati, dare libero sfogo a tutte quelle sensazioni e sentimenti, che altrimenti non troverebbero soddisfazione e stabilire un contatto profondo e completo con se stessi.
L’uso del dramma come strumento terapeutico è utile nel riconoscimento dei propri ruoli nella società, ad autosservarsi e sperimentare nuovi modi di porsi e di essere in relazione, osservarsi in diverse prospettive e a comunicare in maniera appropriata le proprie emozioni.
Nella Terapia della Gestalt vengono utilizzate le tecniche dell’esagerazione, l’intensità, la consapevolezza delle sensazioni corporee, la chiusura e il role playing (mettere in scena: sogni conflitti problemi), la sedia vuota di Perls.
Nella terapia comportamentale razionale-emotiva la ripetizione del ruolo ambito permette la sua integrazione.
La Terapia Adleriana adotta la filosofia del “come se” ... fossimo ciò che vorremmo essere, questo propone una nuova realtà alternativa a quella percepita prima.
Nello Psicodramma vengono utilizzate le tecniche dell’inversione dei ruoli, lo specchio in cui qualcuno recita il proprio ruolo, il doppio o il multiplo nei quali un alter ego da voce ai propri sentimenti.
La musica favorisce l’espressione di emozioni e sentimenti difficili da comunicare verbalmente, ha un effetto rilassante e crea un senso di comunione essa è già di per se terapeutica inoltre il ritmo evoca esperienze prenatali di contatto profondo con se stessi.
La danza ci permette di osservare i movimenti spontanei di un individuo questi sono indice di come egli è, si sente e opera nella quotidianità, nella psicoanalisi sono visti come rappresentazioni dell’inconscio, danza e movimento sono considerati strumenti utili all’integrazione tra dimensione psichica e fisica dell’individuo. Viene inoltre valutato in questo ambito il senso di relazione con se e con gli altri.
Attenzione particolare viene data al gioco, quale terreno fertile di sviluppo del seme della creatività e dell’arte, che consente uno spazio speciale di libertà, quello spazio metaforico teorizzato da Winnicott come “spazio transizionale”, dove attuare il processo riparatorio e evolutivo di individualizzazione, dove poter immaginare e ricreare, che, nella sua rappresentazione simbolica, permette svelamento e sfogo di desideri e paure inespressi, un campo di allenamento in cui sperimentare un nuovi sé e che insegna abilità di socializzazione, ma anche il gusto di fare per fare senza nessuna finalità, in senso ricreativo, comunque bisogna saper immaginare per poetr ricreare.
Il potersi muovere in un ambiente non giudicante, consente l’autoespressione, la liberazione delle energie psichiche bloccate,  nonchè l’autorivelazione e il raggingimento di una diversa autoconsapevolezza.
Il gioco è sicuramente il mezzo privilegiato con i bambini, ma non certo meno importante come attitudine da sviluppare e utilizzare per l’adulto, che di solito con gli anni perde quella preziosa capacità di sperimentazione ludica.
L’interazione che si sviluppa nel lavoro con un gruppo, si riaggancia alla teoria delle relazioni oggettuali per cui le prime esperienze vissute, e la risposta a queste, esperite durante l’infanzia, vengono “fissate” e riportate in tutti nei contesti  relazionali nell’età adulta e quindi ne influenzano e/o deviano l’orientamento.
Il gruppo produce grandi cambiamenti nel comportamento e a differenza delle terapie verbali il lavoro di arteterapia prevede momenti di lavoro con il singolo all’interno del gruppo, questo innesca un processo di crescita anche negli altri componenti, sviluppa un senso di fiducia reciproca, pur mantenendo l’individualità evidenziata dalle creazioni ed espressioni del singolo. L’esperienza del singolo diviene patrimonio del gruppo, che a sua volta risponde con il feedback, proponendo nuove prospettive di lettura della propria problematica. Qualora si sia sviluppata la fiducia reciproca tra gli appartenenti.
Ma anche il gruppo in se, si sviluppa come organismo autonomo con l’intervento e l’interazione tra gli individui, direzione che il counselor deve tenere ben presente, nello svolgimento del proprio lavoro.
E’ quindi molto importante selezionare persone, che siano mediamente omogenee tra loro o altrimenti completamente disomogenee, poichè un solo elemento non integrabile può rivelarsi un ostacolo al cambiamento, sia per se stesso che per il gruppo. E’ inoltre particolarmente importante anche la flessibilità del counselor all’adesione al programma stabilito, secondo i tempi dell’organismo/gruppo.
E’ inoltre molto utile con il lavoro nel gruppo poter essere affiancato da un coterapeuta e avere la possibilità quindi della suddivisione dei ruoli, in cui uno può concentrarsi sulle dinamiche di gruppo e l’altro sulle esperienze individuali, con la conseguente riduzione inoltre delle proiezioni transferali.
All’interno di questo contesto vengono inserite anche le famiglie e le coppie, dove poter manifestare ed osservare le interazioni disfunsionali e giungere ad un confronto ed eventuale risoluzione dei conflitti, questo attraverso la simbolizzazione visiva, attraverso le arti drammatiche, con la musica con il suo potere di evocare le emozioni, con la danza e il movimento che provocano una rottura negli schemi di comportamento abituali e anche attraverso il “rimettere in gioco” il proprio ruolo attraverso il gioco.
Mentre il lavoro con il singolo permette un più ampio approfondimento, una maggiore consapevolizzazione e un maggiore rilievo alla relazione counselor-cliente. E’ possibile un percorso più mirato qualora il cliente presenti un disagio un po’ più marcato.
L’artcounseling presenta un ampia gamma di settori di intervento, per fasce d’età e per patologie specifiche a patto di saper adattare i propri interventi in relazione agli utenti, ai quali non è richiesta una competenza artistica, richiesta invece all’operatore, soprattutto riguardo alle tecniche proposte. Nell’ambito delle patologie gravi l’arteterapeuta affiancherà nelle terapia un team di esperti, all’interno di strutture preposte e quando riconosca una patologia fuori da questo contesto dovrà provvedere un invio presso una figura professionale specializzata.
Comunque per ogni tipologia d’intervento è indinspensabile aver chiaro lo specifico approccio e la modalità utile e necessaria verso il possibile individuale risultato, sia che si utilizzno le arti visive, la musica, il dramma la danza e il movimento, queste vanno adeguate al cliente.
La formazione dell’artcounseling è un processo che dura tutta la vita, a prescindere dal fatto che sia una nuova professione, un artcounselor non è mai pienamente formato e si consiglia il progresso individuale verso l’autosviluppo e la ricerca di continui stimoli, soprattutto in campo artistico.
L’artcounselor dovrebbe possedere una serie di caratteristiche, quali: l’empatia; la capacità di prendersi cura degli altri, senza però usarla in modo compensatorio; l’apertura mentale e l’elasticità; l’intelligenza, anche di saper prendere decisioni immediate e quindi l’intuizione.
Per la complessità dei suoi interventi l’operatore necessita quindi, come già espresso, di un aggiornamento costante, nonchè di una regolare supervisione, anche per un’opportunità di scambio e confronto, ma soprattutto per individuare la dinamica del controtransfert ed esaminare il proprio lavoro, nonchè la produzione del cliente.
Il lavoro dell’artcounselor consiste nell’utilizzare le produzioni del cliente, come ponte verso l’interiorità e la consapevolezza e nel saper influenzare e attivare una crescita positiva del cliente, indipendentemente dal valore estetico di ciò che ha prodotto. Dovrà aderire ad una deontologia professionale, monitorare e far monitorare il proprio operato. Provvederà ad esplicitare con il cliente le peculiarità del lavoro da intraprendere anche attraverso l’adesione ad un contratto.
Oggi è anche possibile attraverso l’utilizzo dei mezzi informatici, quali computer e internet avere accesso ad un copioso contenitore di informazioni e scambio, nonchè l’opportunità di applicazione dell’Arteterapia a distanza, tramite e-mail, chat, webcam e videoconferenza, anche se riservata a disagi di lieve entità, questo presenta degli innegabili vantaggi, come quello di poter raggiungere utenti che vivono in zone isolate o impossibilitati a muoversi, il minor costo, tutti i vantaggi dell’intervento “a domicilio” senza muoversi da casa, il poter mantenere il contatto tra un incontro e l’altro o rinforzare la relazione terapeutica, ma ovviamente si ha lo svantaggio di non poter osservare il cliente nelle sue espressioni corporee, la voce e la sua modulazione, comunque è un valido aiuto per la raccolta di informazioni offerte da un grande numero di organizzazioni impegnate nel miglioramento dei servizi per la salute mentale. Inoltre diversi arteterapeuti hanno sperimentato l’utilizzo del computer per l’espressione personale, rivolto soprattutto a clienti con limitazioni fisiche, difficoltà motorie e di apprendimento con sorprendenti risultati, attraverso l’utilizzo di semplici software di disegno, fino all’utilizzo di sofisticate apparecchiature che consentono di poter osservare in tempo reale il progredire della creazione.
Le nuove forme di e-communication permettono enormi vantaggi come la formazione a distanza, il monitoraggio e la supervisione in arteterapia, e anche se rimane il dubbio su come sia possibile l’apprendimento a distanza all’interno di una professione basata sulla relazione, è anche vero che nell’intervento di arteterapia la comunicazione è caratterizzata da un’interazione simbolica, questo la differisce dagli altri interventi psicoterapici.
Pensieri, parole, emozioni vengono tradotte in immagini, che l’operatore avrà cura di non interpretare, ma piuttosto di facilitare l’elaborazione del cliente della meta-comunicazione in cui il suo lavoro si esprime, intraducibile solo a parole.
E’ importante operare sul giusto confine tra i propri impulsi ed un approccio prudente, arricchendo la propria professionalità con le personali peculiarità, mantenendo sempre viva la voglia di giocare, di inventare, adattandole nel rispetto delle esigenze del cliente e degli obiettivi prefissati, avere la capacità di autorinnovarsi, ma anche la possibilità di poter attingere altrove quando si è “sottotono”.
Ed in questo il testo ci aiuta con alcune proposte esperenziali creative, che possono essere un trampolino di lancio, una rassicurazione, per il neofita un po’ preoccupato.

Come gli stessi autori hanno concluso, il loro autorevole lavoro avrebbe meritato maggiore approfondimento dei temi trattati, ma ciò avrebbe prodotto un lavoro enciclopedico piuttosto che una agile guida per noi neofiti e propongono quindi una esaustiva bibliografia.
Certamente il lavoro di Edoardo Giusti ed Isabella Piombo è una preziosissima e vastissima introduzione imprescindibile all’avvio alla formazione a questa professione, nonchè un utile strumento che ci permette di valutare sia le proprie carenze, sia le individuali peculiarità e risorse.
Una indicazione di percorso quindi, verso il proprio sviluppo e verso la pianificazione del proprio operare in senso pratico, ricco di spunti e stimoli, pur lasciando un largo margine di libertà alla creatività personale del futuro counselor espressivo.
Un particolare passo che spiega l’attività del couseling nel capitolo introduttivo mi ha colpito:
Un’attività spesso ludica e sorridente ma che, mano nella mano, permette al terapeuta di accompagnare la persona alla scoperta di se stessa: è un viaggio talora pauroso ed impegnativo, ma nel contempo affascinante e divertente
Attraverso la mia esperienza di formazione teorica e pratica, nonchè quella all’interno del gruppo e negli incontri individuali di artcounseling, credo che questo passo possa considerarsi come una sorta di stargate, una porta d’accesso verso l’esplicitarsi degli aspetti, forse più importanti,  di questa professione.
Vi è racchiuso un mondo fatto anche di poesia, di intimità, di comprensione, ben lontana da una fusionalità dannosa, ma anche da un’eccessiva distanza clinica, viene espresso quel giusto livello di vicinanza in cui i confini si sfiorano, permettendo una relazione supportiva e fruttuosa, immagino di leggere tra le righe: “ti sono vicino, ti comprendo e sono in grado di accompagnarti nel tuo lavoro personale, che è il tuo ed io ti supporterò”.
Viene portata in superficie la vicendevole fiducia necessaria al percorso esplorativo e risolutivo verso il cambiamento, l’empatia imprescindibile per un lavoro di counseling, la dimensione allegra, il gusto del gioco, ma anche la sua serietà, quale spazio transizionale, senza sminuire la paura e la sofferenza che vivere ed affrontare un disagio comporta.
Un giusto bilanciamento tra cuore e ragione credo possa essere il punto di partenza, l’esatta attitudine da sviluppare per intraprendere questa professione, a prescindere dal percorso più “tecnico” da perseguire, il saper possedere la sensibilità materna di accogliere e una risolutività paterna volta all’azione.
Questo ritengo possa essere attraverso la mia esperienza il giusto modo di porsi e da qui sviluppare le proprie abilità personali, integrandole con i numerosi modelli offerti generosamente in questo volume, adeguandole a se stessi e al cliente rispettando le sue necessità, abilità e tempi.
In fondo l’aspetto pratico del lavoro è vincolato allo scenario che ci offre il cliente, credo quindi di fondamentale importanza saper mantenere ed offrire l’elasticità del mezzo di attuazione di esplicitazione del vissuto, la consapevolezza e la sua riparazione, per una stessa persona può essere utile utilizzare a volte l’espressione grafico-plastica e altre utilizzare il corpo e l’espressione, non si può offrire questo senza l’ampiezza di cognizioni e sperimentazioni alle quali gli autori ci invitano.
Un altro aspetto che ho ravvisato in questa stesura è lo spronamento verso il lettore alla ricerca personale di nuovi spunti e percorsi, proponendolo coerentemente come un percorso in divenire, dal quale si diramano molte strade, alcune appena intraprese, ma che rivelano una enorme potenzialità ancora da scoprire.
Un volume tanto ricco da sembrare quasi colmo, nel quale addentrandosi si rivela invece assolutamente fertile e aperto, quasi un appello alla creatività e all’apporto personale. Un grande stimolo quindi alla crescita e allo sviluppo individuale, arrivando fino a ripetersi in alcuni passi, come a ricordarlo instancabilmente, parola d’ordine: crescita personale.
Come si potrebbe trasmettere altrimenti uno stimolo all’autosviluppo ed al cambiamento, se noi stessi non siamo capaci di farlo in prima persona?
Se noi stessi non abbiamo sperimentato una mobilità interiore ed un’apertura verso l’esterno, verso la ricerca verso l’interno e all’esterno di noi stessi, la presa di distanza da noi stessi, l’autosservazione, ma anche l’autoaccettazione, che impediscono la cristallizzazione del nostro essere ed essere al mondo, essere in divenire, non ci può essere permessa la trasmissione di questa esperienza utile ad un sano sviluppo interiore ed alla risoluzione dei disagi.
L’enorme apporto esplicativo teorico e storico, quale quadro di riferimento, talmente oggettivo da non trovare commenti, mi porta a considerare, o meglio a immaginare questo testo come il counselor del counselor, poichè in ogni rilettura ho potuto scorgere aspetti nuovi, che ad un primo livello di attenzione mi erano sfuggiti, in special modo attingendovi prima della sperimentazione pratica, della quale esso rivela l’enorme importanza.

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Lucilla Loddi

 

Lucilla Loddi:  Art Counselor e Counselor Trainer riconosciuta presso la SIAF, Agevolatore nella relazione di aiuto, con Diploma Internazionale EAC conseguito presso la Scuola Superiore di Formazione in Counseling Espressivo e Arte-terapia, DanceCounseling e DanzaMovimentoTerapia A.S.P.I.C di Roma. Iscritta al CNCP (Coordinamento Nazionale Counselor Professionali).

Lucilla Loddi alias BugZ Ha esposto in Italia ed all’estero i suoi lavori di arte digitale e interattiva attraverso performances insieme al pubblico.

Pratica Raja Yoga sin dall'adolescenza e insegna dal 1994, studiando presso varie scuole e maestri, in Italia, India e Nepal.

Collabora con il Comune di Roma come insegnante, in passato anche presso l'Istituto di Neuropsichiatria Infantile in Via dei Sabelli Roma, e attualmente realizza laboratori di Arte, Danza-Movimento e Yoga per bambini diversamente abili.

Ha strutturato nel tempo avvalendosi delle competenze acquisite nelle diverse esperienze un percorso esperenziale, individuale e di gruppo, che utilizza arte, movimento e meditazione concentrata sui centri energetici della psicofisiologia indiana, volto al riequilibrio bioenergetico, allo sviluppo interiore e al benessere psicofisico definito NataRaja Yoga o YogaDanza.

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